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L'andare a escort della cinofilia. Riflessioni sullo scritto di Santi Grasso pubblicato sul notiziario online della SAS.
Abbiamo letto con attenzione l'articolo scritto dall'ex consigliere SAS Santi Grasso, allevatore con affisso “dei Cimmeri”, pubblicato sul neonato Notiziario online della SAS (parentesi doverosa: il nuovo Notiziario online è ancora in fieri e da perfezionare, ma è un'ottima iniziativa)
In apparenza ci sono alcune parti che condividiamo, visto che ormai da anni scriviamo della derive allo standard operate quando si selezioni avendo come scopo non il pastore tedesco, ma l'utilizzo agonistico nel settore espositivo o in quello delle gare UD.
Dicevamo in apparenza perchè, nella realtà, il testo di Santi Grasso risuona nelle nostre orecchie stridente come un gesso nuovo sulla lavagna.
Santi Grasso, parlando di attacchi e di prove caratteriali, non sembra affrontare la dicotomia esistente tra pastore tedesco da lavoro e pastore tedesco da esposizione, ma sembra riferirsi esclusivamente al pastore tedesco da esposizione.
E che dice, in proposito, Santi Grasso?
— Che gli attacchi visti alla recente Siegerschau erano di una durezza inaudita da parte dei figuranti (!?!).
— Che dei metodi selettivi basati sulle prove caratteriali non trova tracce nello standard (!?!?!?!).
— Che i privati vogliono un cane vestito da pastore tedesco ma che ricordi caratterialmente un labrador (facile da gestire, docile, che non ringhi quando il proprietario si avvicina alla ciotola o cerchi di farlo scendere dal divano !?!?!?!?!?!?!)
In pratica dalla constatazione di un dato di fatto (la selezione dei nostri pastori tedeschi è finalizzata solo all'agonismo spinto) , Santi Grasso non solo trae alcune conclusioni che sono opposte alle nostre riguardo all'importanza di preservare le doti caratteriali del pastore tedesco (che, a nostro avviso, si preservano solo selezionando i riproduttori e le fattrici attraverso l'UD e il superamento di tutte e tre le fasi previste dalle prove IPO), ma mette al centro del suo discorso un mercimonio.
La critica sembrerebbe essere: stiamo deragliando dai corretti binari selettivi prostituendo il nostro pastore tedesco per i nostri scopi agonistici, imbellettandolo e rendendolo una bella statutina che ha perso tutta la sua funzionalità oppure rendendolo (per lo più con metodi di addestramento discutibilissimi) una perfetta “macchina da UD”.
Beh, la soluzione per Santi Grasso appare essere: prostituiamo il nostro pastore tedesco ricostruendolo secondo i desideri del mercato. Ad un mercimonio se ne sostituisce un altro, ma sempre di mercimonio si tratta.
Visto che gli acquirenti, spesso cittadini ormai così lontani dalla natura da aver perso quell'istintiva capacità di interazione con il mondo animale che avevano i nostri nonni, vogliono un cane duttile, facile da crescere e da gestire.
Verrebbe da dire: allora si comprino un peluche o uno di quei giochini elettronici “cresci il tuo cucciolo” e lascino stare gli esseri viventi.
Questi acquirenti, ai cui voleri gli allevatori del pastore tedesco dovrebbero piegarsi , vogliono cani che non ringhino quando viene loro tolta la ciotola o si cerca di farli scendere dal divano? Beh...che imparino a gestire i loro cani, a capire i segnali che i cani mandano, ad essere coerenti e a trattarli non come dei surrogati umani su cui riversare il proprio affetto.
E gli allevatori si preoccupino di selezionare cani equilibrati. Non privi di carattere, ma equilibrati.
Gli allevatori si preoccupino di avere come obiettivi primari la salute, l'attenzione alle malattie a trasmissibilità genetica, le doti caratteriali, selezionando con serietà e rigore gli stalloni e le fattrici da impiegare.
E la società di razza si preoccupi di diffondere cultura cinofila e di preservare le caratteristiche della razza.
Come? Nel modo più semplice. RISPETTANDO LO STANDARD DI RAZZA. E non piegando, di volta in volta, lo standard, alle leggi di mercato o alle esigenze degli agonisti.
Non mercifichiamo il nostro pastore tedesco, non cerchiamo di chiederci chi debba essere “l'utilizzatore finale”, come fa, nel suo scritto, Santi Grasso.
Non ci importa nulla dell'utilizzatore finale (e mai termine, mutuato dalla famosa definizione dell'avvocato di Berlusconi, fu più azzeccato).
Siamo noi ad essere al servizio del pastore tedesco, non viceversa.
E se la corte dei miracoli, con i suoi nani e le sue ballerine, si preoccupa di vendere il proprio prodotto, non ci riguarda ( e non dovrebbe riguardare la società che tutela la razza).
Il pastore tedesco è una razza straordinaria. E' il Leonardo Da Vinci dei cani, non Frine o la D'Addario.
Al nostro povero pastore tedesco ne abbiamo già fatte di tutti i colori: lo abbiamo reso più alto e robusto (troppo alto e robusto per un cane da utilità), abbiamo lasciato che l'anteriore si impennasse e il posteriore divenisse così angolato che, a guinzaglio, il suo movimento ricorda quello di un aratro e, senza guinzaglio, le tibie sproporzionate lo rendono goffo e impacciato nei movimenti. Prima scalava senza troppo sforzo una palizzata verticale, oggi ce n'è qualcuno che fatica a saltare nel vano posteriore dell'automobile.
Abbiamo rovinato il suo carattere rendendolo, lui così fiero e nobile, pauroso ed insicuro. Oppure lo abbiamo reso aggressivo e squilibrato, da coraggioso che era e capace di distinguere la minaccia reale e di agire solo al bisogno.
E adesso, invece di riconoscere i nostri errori e provare a rimediare ai danni fatti, spostiamo il problema e diciamo: abbiamo sbagliato perchè questo cane non va più bene per il mercato, ai privati non serve. La soluzione? Provare a selezionare un nuovo pastore tedesco che, del pastore tedesco abbia solo il vestito (rigorosamente rosso e nero) e sotto il vestito...niente.
Santi Grasso conclude dicendo che probabilmente sarà difficile lavorare per ricostruire (o meglio riprogrammare secondo i desideri del nuovo utilizzatore finale) il pastore tedesco perchè ci sarà l'ostruzionismo dei giudici e dei dirigenti.
Ostruzionismo la cui causa è data dall'età (“più vicina ai 70 anni che ai 60”) e dalla volontà di non voler perdere i propri privilegi confrontandosi ad armi pari con i giovani.
Non abbiamo capito questo ragionamento.
Personalmente ci troviamo molto di più in sintonia, in Italia come in Germania, a discutere di Pastore tedesco con i vecchi settantenni ed ultrasettantenni, quelli che si facevano i brevetti ai loro cani e che hanno vissuto in un'epoca in cui alla BSP partecipavano, anche con successo, soggetti di linee da esposizione. Quei vecchi signori che, ancora oggi, hanno un grandissimo amore e rispetto per i loro cani , che guardano come modello a quanto scritto nello standard, che hanno insegnato ad allevare nel rispetto delle regole, che, quando hanno accettato qualche deroga, hanno sempre avuto dei limiti ben precisi che coincidevano con il preservare la razza nelle sue peculiarità.
I cinquantenni di oggi, magari loro discepoli, sono quelli che, a precisa domanda sul perchè dell'innalzamento della taglia, rispondono che “è colpa della richiesta dei mercati orientali e sudamericani”. I mercanti nel tempio non sono certo i vecchi signori del pastore tedesco.
E i mercanti nel tempio sono molto più pericolosi.
Daniela Dondero e Leandro Falaschetti, 13 febbraio 2010
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