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Riceviamo e volentieri pubblichiamo un articolo inviatoci da Vittorino Meneghetti, un "c' era una volta" in cui la passione per il pastore tedesco emerge in tutta la sua evidenza e traspare tutto il giovanile entusiasmo che il tempo non è riuscito a scalfire... Altri tempi.
Buona lettura.
C’ERA UNA VOLTA… O FORSE ERANO DUE?
Così cantava Alex Britti in una canzone di una decina d’anni fa e così ho deciso di cominciare questo racconto, che ci porta tanto lontano nel tempo, quando molti di coloro che ci leggeranno neppure erano nati, quando le discipline cinofile muovevano in Italia i primi stentati passi e quando il Pastore Tedesco, quello vero, si avviava ormai all’inesorabile declino.
Ho deciso di usare questo titolo tra il serio e il faceto, perché si dice che ci siano tante verità quanti sono quelli che le raccontano ed io modestamente vi racconterò una storia vera, sicuro che sia LA storia, perché l’ho vissuta.
Premesso che chi scrive è nato nel 1950 e il primo raduno del Pastore Tedesco con annesse prove di difesa ed attacco l’ho visto nell’anno 1965 o nel 1966 (non ricordo con esattezza), quello che ricordo bene fu che si svolse al velodromo del Vigorelli di Milano. In quell’occasione vidi per la prima volta Gino Crescimbeni, capo canile dell’allevamento di Casa Gatto presentare nel raduno il famoso Pastore Tedesco Dago von Schloss Dalhausen e il signor Danzio Gobbi titolare dell’allevamento Dell’Alta Quercia di Cremona, quest’ultimo presentò alle prove di attacco lanciato i figli o forse i nipoti dei famosi Pastori Tedeschi Bern e Bodo Lierberg, cani poderosi sia nel fisico comunque armonico, che brutali e determinati nel carattere.
Nel 1970 a Darfo Boario Terme si svolse il campionato europeo F.C.I. per cani da Difesa e Utilità ed io, imberbe ventenne, fui scelto come figurante di riserva al figurante ufficiale Boris Zanardi. Nella settimana che precedette la manifestazione “allenai” come figurante tutti i 40 concorrenti delle squadre straniere.
Fatta questa premessa, la svolta avvenne nel 1974: in quegli anni in Italia il regolamento delle prove di lavoro E.N.C.I. - F.C.I. erano siglate nelle classi: A – B – C.
La C era la classe internazionale con cui si organizzavano anche i Campionati europei di F.C.I.; in quegli anni le gare erano divise tra civili e militari (soprattutto Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia).
Allora non esisteva la qualifica di figurante ufficiale, non esisteva la pettorina di protezione, ma solamente una grossa manica tenuta sul braccio destro ed a sinistra un pezzo di legno, tipo manico di scopa.
Il figurante (di solito un addestratore di dichiara fama) raccoglieva il cane di passaggio, lo faceva attaccare alla manica e spesso lo roteava sollevato nel vuoto con violenti strattoni; contemporaneamente colpiva il cane sul garrese.
Le gare nazionali di solito erano organizzate in un prato qualunque senza recinzione e spesso venivano utilizzate le auto dei concorrenti al posto dei reviere. Nel caso della classe C erano ben dieci. Invece nella classe A e B non era prevista la ricerca del figurante che si nascondeva di solito dietro la palizzata che era dritta ed alta m. 1,80.
E veniamo alla “svolta” del 1974: la S.A.S. presieduta dal Dott. Walter Gorieri, giudice di bellezza e dal Vice Presidente Dott. Gilberto Fanfoni giudice di lavoro, organizzarono a Modena, presso l’Hotel Donatello, il primo per cui “mitico” corso per figuranti ufficiali!
A quello storico evento parteciparono circa 90 persone provenienti da tutta la penisola tra cui il sottoscritto ed alcuni amici. Fu un full-immersion di 10 giorni.
I docenti erano i professionisti dell’addestramento di quel tempo: Boris Zanardi, Mario Acquarelli, Romeo Cantergiani, Ezio Guerrino Roman e dall’Austria fu invitato anche Joseph Valdammer, oltre al Dott. Gorieri, il Dott. Fanfoni e il Dott. Alquati.
Ci parlarono della pista esponendo le teorie del Most e della sua famosa croce, di ubbidienza, condotta al guinzaglio, salto, riporto, attacchi di base ed attacchi da agonistica.
A nostra insaputa, circa un mese prima, il Dott. Fanfoni e il signor Roman vennero inviati dalla S.A.S. in Germania per un corso di aggiornamento sul regolamento tedesco del S.C.H. HI – HII – HIII, che presentarono a noi allievi durante quel mitico corso. Per noi giovani aspiranti figuranti, fu come essere proiettati dal medioevo all’anno 2000! tutto fu stravolto e cambiato e fu spazzato via letteralmente il nostro passato che perdurava dal dopoguerra. Ai miei occhi di giovane ventiquattrenne, parve di essere sbarcato su Marte.
All’undicesimo giorno di corso, su 90 partecipanti furono scelti per l’esame che abilitava la prima qualifica della storia di figurante ufficiale solo 15 candidati, ma i primi figuranti ufficiali della nostra penisola furono solo tre: Claudio Bussadori oggi stimato veterinario e cardiologo, Mario Ricella oggi pensionato bancario e Vittorino Meneghetti pensionato addestratore di cani da utilità.
Il momento di svolta della cinofilia italiana è stato quindi il momento della svolta anche per me, che successivamente ho diretto in qualità di Capo-Istruttore cinque campi di addestramento della S.A.S. ed ho condotto diverse decine di cani in prove di lavoro internazionali, conseguendo decine di brevetti con Pastori Tedeschi che ho anche allevato amatorialmente in proprio.
E quando dico “amatorialmente” intendo dire che ho davvero Amato questa razza: a quel tempo dire Pastore Tedesco era quasi sinonimo di dire “Il Cane”!
Era il preferito per l’impiego nelle unità cinofile di Pubblica Sicurezza e Pubblica Utilità, per l’esercito e la polizia in tutto il mondo, si adattava e riusciva bene nei più svariati compiti nel salvataggio come nella ricerca, anti-terrorismo, anti-sommossa, anti-esplosivo, anti-narcotici, cane guida per non vedenti…
Forse però già non faceva più il pastore nel vero senso della parola, cioè al lavoro con il bestiame; ripensandoci con gli occhi di oggi, questa può essere stata una delle cause della sua degenerazione fisica e caratteriale, guidata dai gusti del grande pubblico che hanno sempre più portato poi alle selezioni “da bellezza”.
Se penso al Pastore Tedesco non posso però non pensare al grande cane che ho amato per tutta la vita e che per me avrà sempre un nome: quello del mio Brix!
Sono ormai passati più di 40 anni da quando acquistai Brix, Pastore Tedesco dell’allevamento Di Casa Gatto; un cane che oggi definirei più unico che raro e che “non scorderò mai”, come riporta una scritta su una sua fotografia nel mio ufficio.
Brix era veramente eccezionale, da lui ho imparato le basi del comportamento canino, e cosa significa vivere accanto ad un grande cane.
Parlarvi di lui significa parlare della mia grande passione per i cani, la cinofilia, e la mia passione per gli animali in genere, trasmessami non soltanto dai miei genitori ma soprattutto da mio nonno, Vittorino Agrati (1881/1964). Con la mia famiglia vivevo alla periferia di Milano, precisamente nella zona di Baggio; mio nonno faceva il fabbro maniscalco e il guardacaccia nella tenuta dei conti Nava e io ho potuto usufruire della sua conoscenza ed esperienza di cacciatore cinofilo. Naturalmente i miei primi approcci sono stati con cani da caccia e vari animali della tenuta: cavalli, animali da corte, etc, più i racconti di mio nonno, quando seduto davanti al camino acceso mi faceva sognare narrandomi le sue imprese di caccia con cani, cinghiali e selvaggina di vario genere. Crescendo, anche i miei genitori contribuirono ad aumentare la mia passione per gli animali e i cani in particolare, in quanto, vivendo in una casa di corte, avevano conigli, galline e un paio di cani meticci tipo da caccia.
Ricordo che da piccolo, negli anni cinquanta, con mia madre Iole uscivamo per andare a fare la spesa. Avevo 4/5 anni e lei mi teneva per mano mentre ci incamminavamo verso l’unico negozio del paese, la Posteria; a volte, durante queste uscite, venivamo seguiti da tre animali che ci accompagnavano fino all’ingresso del negozio: un cane meticcio di nome Fly, una gallina e un agnello. La Posteria, come in uso a quel tempo, vendeva di tutto: dagli alimentari al “chinino di stato”, medicamento utile anche per la malaria. Quando avevo circa 5/6 anni, in Italia arrivò la televisione e mio padre Giordano, con non pochi sacrifici, comprò una Telefunken a valvole. Ricordo che aveva due grosse manopole, una a destra e l’altra a sinistra, e dopo averla accesa, trascorrevano almeno 20 secondi prima di poter vedere le immagini. Divenni, come altri pochi fortunati bambini dell’epoca, un assiduo spettatore della Tv dei ragazzi; dico così perché allora eravamo veramente in pochi a possedere un televisore in casa. Il mio programma preferito era il telefilm americano “Le avventure di Rin Tin Tin”, sicuramente il più famoso Pastore Tedesco del mondo. Vedendo quotidianamente le sue avventure, sognavo poi di riviverle da protagonista e questa prima forma di cultura cinofila fece scattare in me il desiderio di rispondere sicuro “l’addestratore di cani!” alla domanda “cosa vuoi fare da grande?”
Nel 1964, adolescente quattordicenne, venni casualmente a conoscenza che al Vigorelli di Milano si svolgevano gare di cani Pastori Tedeschi. Ricordo che da Baggio inforcai la mia bicicletta Legnano, rossa fiammante, e percorsi emozionatissimo i circa 20 km che mi separavano dal Vigorelli. Fu proprio in una di quelle occasioni che conobbi Dazio Gobbi, titolare del famoso allevamento Dell’Alta Quercia di Cremona. Si esibiva con diversi cani anche nelle prove di attacco lanciato all’uomo ed io, nella mia fantasia, immaginavo questi Pastori Tedeschi come i nipoti di Rin Tin Tin.
Alcuni anni dopo, incontrai una persona che fu determinante per la mia futura carriera di addestratore professionista: uno slavo, istruttore di unità cinofile nella Legione Straniera francese, che m’insegnò i rudimenti, nel vero senso della parola, dell’addestramento del cane da difesa e utilità.
Terminati gli studi liceali intrapresi la carriera di addestratore, iniziando a collaborare con alcuni centri di addestramento: il mio primo lavoro fu presso la scuola di addestramento cani Boris. Successivamente, nel 1968, creai il mio Centro Cinofilo sportivo V.M. che ancora oggi dirigo.
Con i primi guadagni decisi di comprare il mio primo “vero” cane; che doveva rigorosamente essere un Pastore Tedesco, realizzando il mio sogno di quando ero un bambino.
Mi rivolsi per l’acquisto a quello che allora era considerato tra i migliori allevamenti di Pastore Tedesco, l’allevamento Di Casa Gatto di proprietà del conte Leonardo Gatto Roissard.
Telefonai ripetutamente aspettando una cucciolata, e devo dire che il conte Gatto fu sempre molto gentile con me. Il nostro primo incontro avvenne quando i cuccioli avevano 45gg; non era una prassi normale far vedere i cuccioli a quell’età, né tanto meno farli scegliere, ma poiché comunque ero già “del mestiere”, il conte mi permise di farlo. Anche le trattative furono agevolate, mi fece un piccolo sconto, per cui pagai il cucciolo 120.000 £ che all’epoca era una bella somma.
Era il 1971 e dopo aver acquistato Brix, grazie ai successi che ottenni con lui nelle gare di lavoro dell’E.N.C.I., fui assunto come addestratore personale dal conte Gatto. Oggi, ripensandoci, mi sento ancora molto onorato: era un posto molto ambito dai colleghi del tempo, ed io ebbi il destino e la fortuna di essere l’ultimo addestratore nell’allevamento Di Casa Gatto. Quando quest’allevamento chiuse i battenti, fu la fine di un ciclo, storico, del Pastore Tedesco.
Ritornando a Brix, prima di portarlo definitivamente a casa, andai più volte a vedere la cucciolata e conobbi Gino Crescinbeni, capo-canile dell’allevamento, un uomo che ha passato tutta la sua vita coi Pastori Tedeschi, anch’egli una figura molto importante per la mia futura carriera. Oggi, suo figlio Mauro alleva ancora questa razza con l’affisso Di Casa Gino. Gino mi prese subito in simpatia, forse per la mia giovane età e la mia grande passione, e quando andavo all’allevamento a vedere i cuccioli li osservavo con lui mentre mi giravano intorno.
Arrivò finalmente il giorno fatidico della scelta, i cuccioli avevano circa 60gg di vita, entrai nel recinto con Gino e tra questi 6/7 cuccioli (di cui 4 maschi) feci definitivamente la mia scelta. Per quello che potevo sapere a quel tempo (e non era molto), trovai la cucciolata molto omogenea, tutti i cuccioli si avvicinavano e ci festeggiavano, vivacemente, ma uno in particolare oltre che festeggiarmi mi leccava insistentemente, a differenza degli altri fratelli che si attaccavano ai pantaloni o giocavano fra loro. Aveva due occhi nerissimi, uno sguardo “fiero e profondo”, il manto quasi completamente nero, le zampe con focature rossicce. Brix non smise mai di festeggiarmi e di leccarmi, ma quello che mi colpì maggiormente fu il fatto che mi fissava intensamente negli occhi con uno sguardo speciale. Quello stesso sguardo, quando il cane divenne adulto, fece sì che il caro amico Rolando Guzzardi coniò il termine “lo sguardo alla Brix”. Uno sguardo di un animale sveglio e intelligente, dolce con il padrone e la famiglia, penetrante e autoritario con gli estranei. Durante la sua crescita s’instaurò tra me e lui un rapporto speciale, non solo fisico, ma anche mentale, e attraverso i nostri sguardi ci mandavamo messaggi e segnali. Una delle prime cose che colpirono la mia attenzione, e che oggi sono in grado di capire e apprezzare molto di più, fu che a 3/4 mesi Brix già dimostrava di avere un istinto predatorio di livello molto alto, direi eccezionale, che lo portava fin da cucciolo ad inseguire le rondini in volo.
A questo proposito ricordo un episodio che avvenne dopo pochi giorni che avevo portato il cane a casa: Brix aveva circa 70 giorni e durante una nostra passeggiata in campagna vide casualmente una quaglia. Subito la inseguì, la uccise e con due bocconi la ingoiò. Oggi, con le conoscenze attuali, vedere un cucciolo di Pastore Tedesco con uno schema motorio così’ completo è alquanto raro: inseguire, afferrare, uccidere e mangiare la preda è un comportamento da lupo.
Solitamente un cane domestico non ha uno schema motorio completo, per questo insegue la preda, a volte la uccide, raramente la mangia. Brix invece dimostrò da subito, e lo giudico con gli occhi di oggi, una grande predisposizione per l’addestramento, con doti naturali, tempra e temperamento molto elevate, e con in più la dote del riporto spontaneo per qualsiasi oggetto che gli venisse lanciato.
Fin da cucciolo con le persone mostrava un atteggiamento molto equilibrato, senza mai essere timido, pauroso o aggressivo. Come tutti i cani di ottima tempra non era un abbaiatore e aveva un suo stile nel fare la guardia alla proprietà, con una distanza di sicurezza molto corta, circa un metro o un metro e mezzo. Anche in macchina fissava tutto e tutti intensamente, e cominciava a reagire solamente quando qualcuno si avvicinava troppo. Sicuramente oggi, se avessi un cane del genere, potrei vivere di rendita. Brix era sempre con me, mi seguiva in macchina quando mi spostavo per lavoro, in casa dormiva nella mia camera da letto, e quando lavoravo nelle varie scuole di addestramento, sostava a volte nel box del canile.
Per alcuni esercizi previsti dal regolamento delle prove di difesa e utilità dell’E.N.C.I., ad esempio l’indifferenza alle persone estranee inoffensive e allo sparo, ci esercitavamo dal vivo e non solo sul campo di addestramento.
La prova di indifferenza alle persone avveniva nelle vie trafficate di Milano, quella di indifferenza allo sparo nel poligono di tiro di P.le Accursio. Questo perché all’epoca avevo un caro amico, maestro di pistola, che si esercitava lì. Il cane cresceva confermando le sue doti e le sue grandi capacità di apprendimento, e cominciavo ad essere invidiato da molti colleghi che mi facevano sentire importante e molto orgoglioso di lui, grazie alle sue imprese era diventato all’epoca uno dei Pastori Tedeschi più famosi. Nonostante non fosse un cane da esposizione, gli allevatori cominciarono a richiedermi le monte, avendo conseguito anche la qualifica di eccellente a un Campionato di bellezza della S.A.S. nel 1973. Un altro fattore importante, che aumentava il suo valore per gli allevatori, era l’assenza totale di displasia dell’anca (grado 0), considerando che il 75% dei Pastori Tedeschi avevano e hanno solitamente un grado medio: Brix fu radiografato ufficialmente a 2 anni dal Dr. Massimo Battaglia. Ma per me comunque Brix non era solo un cane da gara, era un amico a 360°.
Voglio raccontare una delle sue prime imprese, esito di una sfida che mi lanciò un collega un po’ invidioso di cui per etica non faccio il nome. Brix aveva circa 18 mesi, e aveva già partecipato ad alcune prove di lavoro con diversi piazzamenti sul podio. Proprio al termine di una di queste gare, questo collega mi disse: “scommettiamo che riesco a far spaventare e scappare il tuo famoso cane senza macchia e senza paura?”. Io, che all’epoca avevo 23 anni e credevo di essere il padrone del mondo, al fianco di Brix avrei affrontato qualunque tipo di sfida e quindi accettai anche quella. Dopo aver concordato le modalità, presi il cane al guinzaglio e lo trattenni fino a che il collega, ad una distanza di 10/15 metri, cominciò a minacciarlo urlando e brandendo un bastone. A quel punto, come d’accordo, gli lanciai contro il cane. Egli salì velocemente nella sua vettura, una Citroen Squalo, e quando il cane arrivò ad un metro dalla macchina iniziò a suonare il clacson a quattro trombe, che provocava un rumore assordante (tra l’altro vietato dal codice della strada). Brix non solo non si spaventò del rumore, ma agevolato dalla forma del cofano della vettura, ci saltò sopra avventandosi contro il parabrezza, cercando di morderlo.
Non riuscendo, infuriato si avventò sui tergicristalli, distruggendoli completamente a morsi. La prova finì con una risata generale dei testimoni della sfida e un’ulteriore conferma per me di avere “nelle mani” un grande cane. Questa storia divenne leggendaria nell’ambiente della cinofilia, e ogni volta che veniva raccontata si cambiava un po’ la versione, si raccontava che il cane aveva morso e fatto scoppiare le gomme dell’auto, oppure che dopo mesi aveva riconosciuto la macchina e il suo proprietario e lo aveva aggredito mandandolo all’ospedale.
Seguirono molte altre sfide memorabili, come quando scommisi che telepaticamente potevo richiamare il cane a una distanza di 40/50 metri. A conferma del fatto che l’avvicinarsi del cane non era casuale, dicevo che Brix non solo si sarebbe avvicinato ma che si sarebbe anche seduto di fronte a me. In realtà, con un po’ di malizia da parte mia e un grande feeling con il cane, gli avevo insegnato a rispondere al richiamo con una particolare postura, comunicando anche con lo sguardo. Quella scommessa fu più volte ripetuta, sempre con successo, nell’arco del tempo e ancora oggi gli amici di allora lo ricordano.
Un’altra cosa che facevo con Brix era lanciare sul pavimento di marmo una moneta da cento lire e farmela riportare in quattro tempi: con il cane seduto lanciavo la monetina a circa 6/7 metri di distanza, dopodiché davo l’ordine “porta” e il cane raggiungeva la monetina, con un po’ di fatica la prendeva in bocca e me la riportava sedendosi di fronte. Era una cosa molto complicata e difficile: se oggi voglio insegnare ai miei cani attuali a fare questo esercizio, faccio molta fatica, e non sempre ho successo; forse perché il mio cane di oggi non è Brix. Ma le sue imprese che passarono alla storia e che mi hanno convinto a raccontare la sua leggenda furono tre in particolare, due molto clamorose ed eclatanti, la terza un’ennesima prova di bravura del cane.
La prima si svolse nel 1974: allora abitavo nella periferia di Segrate, in una villetta un po’ isolata. L’ultimo tratto di strada era in terra battuta, in mezzo alla campagna. Un giorno, di pomeriggio, in casa c’era solamente mio figlio Luca di circa un anno e sua madre, quando due individui suonarono il campanello e con uno stratagemma si fecero aprire. Fortunatamente il cane era in casa con loro e Ines sapeva di poter contare su Brix per eventuali pericoli, quindi lo liberò facendolo uscire come da abitudine dal retro del giardino prima di aprire la porta. Subito i due la afferrarono per le braccia minacciandola con un cacciavite appuntito, intimandole di consegnare soldi e preziosi. Lei cominciò ad urlare facendo accorrere il cane che arrivò alle spalle dei due rapinatori e si avventò contro di loro mordendoli. Per lo spavento e la sorpresa dell’intervento improvviso del cane, Ines riuscì a liberarsi e a chiudersi a chiave in casa.
La seconda impresa leggendaria riguarda invece un vero e proprio salvataggio “nautico”. A quel tempo, un paio di volte al mese, da solo o con gli amici, andavo con Brix sul Ticino, nella zona di Vigevano, ci divertivamo a fare il bagno. Il cane dimostrava di avere un’ottima acquaticità, si trovava a suo agio nell’acqua e, giocando, mi permetteva di attaccarmi al collare trascinandomi da una riva all’altra. Un giorno, all’inizio dell’autunno, passeggiavo con Brix sulla riva del Ticino per raccogliere legna, e il cane mi aiutava nella raccolta portando il tronchetto più grosso. Sentii gridare alcune persone che correvano animatamente verso un punto della riva. Un pescatore era scivolato in acqua, annaspava gridando aiuto mentre la corrente lo trascinava. Incitai il cane: dopo una prima esitazione entrò in acqua e cominciò a nuotare nella direzione dell’uomo. Brix, agevolato dalla corrente, lo raggiunse e io gridai all’uomo di aggrapparsi al collare, e di aiutarsi nuotando verso la riva. L’uomo, che era molto spaventato, ma sapeva nuotare, inizialmente si aggrappò alla coda del cane e finirono entrambi sott’acqua. Dopo un paio di tentativi negativi riuscì ad attaccarsi saldamente al collare.
La terza storia, forse meno eclatante ma comunque significativa per l’abilità del cane, si svolse nel 1975 durante l’inaugurazione del campo S.A.S. di Pavia, vicino al ponte sul Ticino, fondato da alcuni amici tra cui Gianni Casali. Confinante con il campo S.A.S. c’era un enorme campo di erba di circa 20.000 metri che i soci usavano prevalentemente per le piste e in parte come parcheggio. I soci del club, che conoscevano la fama di Brix, mi avevano chiesto di fare una dimostrazione di addestramento per il pubblico intervenuto e io avevo accettato di buon grado. Al termine della dimostrazione ci fu la festa di inaugurazione con grigliata finale collettiva, dopodiché con mio figlio Luca e il cane mi misi a giocare nel prato. Al termine della giornata, salutando i miei amici, mi resi conto che avevo smarrito sia le chiavi della vettura sia il portafogli contenente documenti, patente e soldi. All’inizio, aiutato dagli amici, cominciammo a cercare nel prato, ma senza risultati perché c’erano circa 20 cm d’erba e l’estensione era veramente notevole. Dopo l’inutile ricerca, mi venne in mente di provare con Brix. Feci scendere il cane dalla macchina, mi accucciai di fronte a lui e lo fissai intensamente negli occhi. Questo era il segnale e il cane “capiva” che gli stavo chiedendo qualcosa. Sempre fissandolo negli occhi gli parlai incitandolo a cercare con la voce, e lo lasciai libero. Dopo un momento di esitazione il cane cominciò a cercare, mise il naso per terra e con la coda al vento setacciò a destra e a sinistra il terreno. Trascorso circa un quarto d’ora persi un po’ le speranze, quando improvvisamente vidi da lontano che il cane si fermò e raccoglieva qualcosa. Lo chiamai e Brix mi raggiunse portando in bocca le chiavi della macchina. Presi le chiavi, accarezzai il cane incitandolo nuovamente a cercare, Brix ripartì e cominciò a girare a zig-zag a destra e a sinistra per circa dieci minuti, poi nuovamente si fermò, raccolse un oggetto e me lo portò. Saltò su con le zampe e si appoggiò al mio petto con in bocca il portafoglio. Come anche le altre volte, la storia si conclude con una grande ammirazione e tanti complimenti per il mio cane.
Per finire vorrei raccontare la nostra prima gara di lavoro E.N.C.I., “il battesimo del fuoco”, che si svolse a Torino nel 1972, quando Brix aveva circa 14 mesi: la mia iniziazione nel mondo della cinofilia sportiva. La storia comincia con un modulo di iscrizione spedito per posta, alla sezione della S.A.S. di Torino, la società che aveva organizzato l’evento, presieduta dal dr. Ettore Mancuso, un grande maestro ed un amico carissimo. Magistrato, era titolare dell’allevamento di Pastori Tedeschi Di Eman, da cui proveniva il famoso Udo di Eman, pluri-campione italiano di addestramento che partecipò con successo ai campionati europei di addestramento F.C.I. degli anni ’70, condotto ed addestrato da Salvatore Orecchi. Le classi di iscrizione a quel tempo erano l’avviamento AVV (classe A, la classe B, e la classe C internazionale, oggi I.P.O. 1, I.P.O. 2, I.P.O. 3), con la distinzione tra gare civili e gare militari, data la presenza di alcuni esponenti delle forze dell’ordine, specialmente delle Fiamme Gialle. Per l’emozione commisi un errore nell’iscrivere il cane e anziché indicare la sigla AVV, la classe di avviamento riservata ai principianti, indicai erroneamente solo la lettera A che corrispondeva alla prima categoria dei professionisti ma, di questo me ne resi conto solamente la mattina della gara. All’epoca collaboravo come figurante con alcuni centri di addestramento della Lombardia, tra cui l’allevamento Di Ca’ San Marco degli amici Anna e Franco Dolci e con quello di Mario Acquarelli a Cinisello Balsamo. Proprio in questo centro avevo conosciuto un ragazzo, mio coetaneo, proprietario di uno Schnauzer Gigante che aveva fatto con Mario la preparazione di ubbidienza e con me la preparazione per la difesa, proprio in previsione di quella gara a Torino. Il cane proveniva dall’allevamento Di Roccascura dell’amico Fabrizio Bonanno, il quale ebbe un ruolo determinante nella mia prima gara. Ci demmo appuntamento al mattino presto per recarci insieme a Torino, in albergo in una camera doppia per risparmiare qualche soldo. Ci recammo poi al centro sportivo, non molto distante, dove la S.A.S. aveva affittato le strutture per la gara. In seguito andammo a dormire ma non riuscivo a prendere sonno, l’emozione era tanta, era la mia prima volta, pensavo agli esercizi, pensavo alla gara. Le ore passavano ma il sonno non veniva, così, alle 5,30, decisi di alzarmi e di andare a passeggiare con il cane. C’era un bellissimo parco nelle vicinanze e dopo la passeggiata provai alcuni esercizi tecnici: il cane andava bene, mi sedetti pensieroso su una panchina, il cane si avvicinò e mi fissò intensamente negli occhi, sembrava volesse consolarmi, mi leccò le mani, il viso, mi diede insomma una grande forza interiore. Ci presentammo così alle sette del mattino alla segreteria per formalizzare l’iscrizione e qui scoprii l’errore. Ne informai subito il dr. Mancuso, che accoglieva cordialmente i concorrenti che arrivavano, il quale chiamò il delegato E.N.C.I. Fabrizio Bonanno, che conoscevo molto bene, e insieme cercammo una soluzione al problema. Il dr. Mancuso propose di farmi fare una nuova scheda di iscrizione in Avviamento, ma Bonanno disse che era contro il regolamento e non si poteva fare. Seguirono animate discussioni tra loro due e alla fine Bonanno mi disse: “ci sono solo due possibilità, per risolvere questa cosa, la prima di ritirare l’iscrizione e quindi non gareggiare, la seconda di gareggiare in classe A”. A questo punto Mancuso mi prese sottobraccio, mi parlò sottovoce dicendomi di guardare dentro di me e di prendere serenamente una decisione.
E’ importante a questo punto spiegare le enormi differenze di regolamento tra la classe Avviamento di allora e la classe A civili; le differenze sostanziali erano che:
nella classe A c’era la pista di 150 passi con un angolo retto e l’oggetto finale, nella classe Avviamento non era prevista nessuna prova di fiuto;
nell’ubbidienza la differenza era nel riporto eseguito in quattro tempi che non c’era nell’Avviamento, inoltre l’esercizio di seduto – terra e terra – seduto oltre che al fianco sinistro veniva ripetuto nella posizione di fronte;
nella prova di difesa nella classe A era previsto un attacco alla manica con il cane tenuto al guinzaglio e il figurante nascosto dietro un revier che veniva appositamente montato per la prova, mentre la prova Avviamento consisteva in una semplice reazione di minaccia al bastone.
A quel punto dovevo decidere se iscrivermi alla classe A o non gareggiare. Feci qualche considerazione ripensando al fatto che per quanto riguardava la pista in linea retta l’avevo già provata con Brix tre o quattro volte, ma il cane non conosceva l’angolo e non sapeva segnalare l’oggetto. Brix conosceva discretamente anche il riporto, ma non i quattro tempi previsti dal regolamento. Invece per l’attacco alla manica, che era fondamentale, Brix era uno specialista e nonostante avesse soltanto 14 mesi sapeva già fare gli attacchi lanciati con il lascia. Terminate le mie riflessioni decisi di tentare la sorte e di gareggiare nella classe A. Mancava circa un’ora all’inizio della prova e così ritornai nel parchetto vicino all’albergo, dove c’era uno spazio verde. Essendo in autunno, l’umidità della mattina presto, mi permise di provare inventando una pista con l’angolo e la segnalazione dell’oggetto, e provai un paio di volte il riporto nei quattro tempi. L’ultima cosa che mi rimaneva era l’attacco alla manica, ma in quel momento non trovai nessuno disposto a farmi da figurante. A questo proposito voglio ricordare che allora non esisteva la figura del figurante ufficiale ma veniva chiamato di volta in volta un professionista di dichiarata fama, senza tuta di protezione. Mi presentai alla prova e il cane superò brillantemente le mie aspettative, ottenendo un punteggio globale eccellente e classificandosi al 3° posto su un totale di 15 concorrenti. Perse due o tre punti nella pista, nell’accertamento dell’angolo e nella segnalazione dell’oggetto, più un paio di punti nel riporto, mentre nell’attacco fece punteggio pieno. Anche lo Schnauzer Gigante si classificò 5° (molto buono) su un totale di 12 concorrenti, un successo su tutti i fronti.
Oltre a Fabrizio Bonanno che già conoscevo, voglio citare i nomi di quei personaggi che appartengono alla storia della cinofilia nel settore Difesa e Utilità e che conobbi in quell’occasione: oltre al dr. Ettore Mancuso, organizzatore e Presidente della S.A.S. di Torino, il signor Ezio Guerrino Roman, figurante diventato poi un capo scuola degli addestratori italiani, che mi fece i complimenti per la prova di attacco di Brix, ed il cav. Angelo Tavazzani, giudice, pioniere delle gare di lavoro e punto di riferimento per gli appassionati. Oggi, dopo 40 anni da questo mio debutto, sono onorato di essere stato tenuto a battesimo da queste persone!
La leggenda di Brix finisce all’improvviso alle 04,30 del mattino del 15 agosto 1976: la sua vita si spense prematuramente all’età di 5 anni tra le mie braccia. Inutile descrivere o dire parole che non sarebbero sufficienti a colmare il vuoto lasciato da quel cane ancora oggi, soprattutto nel mio cuore (per me fu una tragedia). L’ultima sua impresa risaliva a diciotto giorni prima, quando sull’Appennino modenese a Pavullo, Brix gareggiò in S.C.H. HIII per l’ultima prova di selezione per l’ammissione nella squadra italiana al Campionato europeo di addestramento per Pastori Tedeschi. Brix si “laureò” conquistando un posto d’onore nella squadra azzurra, giudice selezionatore Gilberto Fantoni. Ma il destino volle portargli via quest’ultima impresa, stroncando la sua vita un mese prima del Campionato europeo.
Caro Brix, sarai per sempre nel mio cuore!
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