informazioni per il neofita, commenti, risultati e fotografie di raduni,Campionati e prove Ud,notizie SAS,storia,approfondimenti

Editoriale.

8 marzo8 marzo e cinofilia.

Non sono mai stata una “femminista”. Molto probabilmente non lo sono mai stata grazie al fatto di appartenere ad una generazione che si è formata negli anni in cui le conquiste “femministe” divenivano concrete. Ho sempre guardato con sospetto le riunioni di donne e, così come non ho mai accettato che una donna venisse considerata “inferiore”, non ho mai accettato favoritismi o disparità di trattamento per appartenenza di genere. Non mi sono mai nascosta l'evidenza che, nei rapporti interpersonali, anche di lavoro, la differenza di sesso incida, rendendo comunque il rapporto "altro". Non ho neppure mai ritenuto accettabile rinunciare alla femminilità per essere riconosciuta come simile in ambienti prettamente maschili. L'8 marzo, al di là dell'origine, spesso dimenticata, della giornata internazionale della donna, mi ha sempre messo un po' di tristezza e ho costantemente rifiutato le cene tra sole donne, a mio avviso un po' patetiche. Oggi però ho ricevuto, tra i tanti “auguri” di rito, una bella mail da uno di quegli uomini rari che credono davvero che le donne siano la forza equilibrante di ogni sistema, che ci invitava a non perdere mai la voglia di arrabbiarci  per le cose che non vanno, specie nell'attuale momento di deriva etica e sociale dovuto al fallimento degli ideali della sua generazione. Questa mail e la festa odierna arrivano a distanza di due giorni dal raduno di Firenze dove, del tutto dimentica del vicino 8 marzo, mi sono però trovata a riflettere sulla condizione femminile nel mondo del pastore tedesco.

Tra i giudici del raduno era infatti presente anche Margit van Dorssen, una persona di grandissima esperienza e competenza cinofila, allevatrice di prestigio per risultati ottenuti e per la capacità di aver dato una “impronta” ai cani da lei allevati e, appunto, tra le prime donne a divenire giudice SV (oggi l'unica, quando, ormai da qualche anno, il primo giudice SV donna, Helga Pilz, ha raggiunto i limiti di età). Ho spiegato chi fosse “la margit” a Virginia, dodici anni e una grande voglia di far parte del mondo cinofilo e mi sono accorta che, quasi senza rendermene conto, nel mio modo di raccontare “la margit” emergeva un bel po' di quello che si potrebbe chiamare, anche se l'espressione non mi piace, orgoglio femminile.
E' giusto che Virginia (e Vittoria, Monica e le tante ragazzine che amano questo mondo che tanto appassiona i loro fratelli, padri e nonni) sappiano che si può fare.

Una donna può fare il conduttore, l'allevatore, il giudice e persino il figurante. Lo può fare (e “la margit” in questo è un esempio splendido) mantenendo la propria femminilità e la propria differenza di genere che, nei cani o non solo, è un valore aggiunto.

Se poi i tanti uomini del panorama cinofilo, ricordandosi di essere fratelli maggiori, padri e nonni cominciassero a smetterla con certi atteggiamenti machisti e maschilisti, l'asfittico, reazionario e retrogrado mondo della cinofilia avrebbe la possibilità di arricchirsi di tante nuove aspiranti conduttrici, allevatrici, giudici, figuranti, capaci di quell'entusiasmo e di quella forza di chi non si vergogna dei propri sentimenti di cui solo l'universo femminile è capace.

Mentre parlavo della “ margit” a Virginia mi sono resa conto della distanza tra la mia visione e quella che sarebbe emersa se, a raccontare “la margit” fosse stato uno degli uomini della SAS e l'interlocutore un ragazzino. Mi sono anche preoccupata del pericolo di farsi omologare dal “così fan tutti”, quando certi discorsi e certe battute (spesso anche di cattivo gusto o gratuite) finiscono per non indignare più nessuno, nemmeno le donne. Una cosa accomuna i commenti sulle donne della cinofilia. La priorità non viene quasi mai data alla loro competenza e capacità, ma all'avvenenza (o non avvenenza) fisica , alle presunte liaisons dangereuses, ai loro legami sentimentali. Così in cinofilia vi sono donne che accettano ruoli comprimari e quasi mai riconosciuti (ma cosa farebbero certi famosi protagonisti del pastore tedesco senza le loro donne che a casa guardano i cani, che curano le pratiche burocratiche, che non si lamentano mai delle vagonate di lavatrici tra fango e pelo di pastore tedesco?) e vi sono donne che, volendo partecipare in concreto, debbono mettere in conto il pettegolezzo, la chiacchiera, il dover dimostrare.

Se sono belle devono compiere uno sforzo sovrumano perchè i pochi neuroni del cervello maschile deviino dal pensiero unico, se sono brutte prima o poi troveranno chi dice loro che sono “più belle che intelligenti” (CIT)


Domenica, a Firenze, di donne ce n'erano tante, dentro e fuori dal ring. In ruoli di potere e comprimari. Donne forti e fragili insieme, capaci ancora di emozionarsi.


Eppure, quando si parla di cinofilia, difficile sentire qualcuno ipotizzare Margit van Dorssen nella giuria di Siegerschau o Vera Benini tra i possibili candidati al ruolo di Presidente SAS. Eppure, per quanto possano piacere o meno, nessuno potrebbe negare ne avrebbero le competenze.

Il mio augurio per questo 8 marzo è che nessuno insegni a Virginia, Vittoria, Monica, Silvia e alle altre giovani donne che fanno parte o vorrebbero far parte del mondo del pastore tedesco che le donne hanno dei ruoli ben definiti e non possono ambire a più alti traguardi.

Vorrei, per Virginia, Vittoria, Monica, Silvia, Alexandra e tutte le altre, un mondo dove siano rispettate senza doversi preoccupare di chi frequentino o di un sorriso di troppo. Un mondo dove l'etica non sia il becero moralismo dei benpensanti ma quella del comportamento sportivo, del premiare le capacità, dell'amare i cani e non considerarli dei prolungamenti del proprio ego.

 

Dedicato alle donne di tutte le età che popolano il mondo del pastore tedesco.

Daniela Dondero, 8 marzo 2011.

Torna agli EDITORIALI

Pubblicità.

La vostra pubblicità qui:
banner-medio
full-banner