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I pastori tedeschi iscritti al ROI nel 2008 sono stati 14223 (http://www.enci.it/libroorigini/statistiche.php) si dice mediamente che, tra questi, i pastori tedeschi “controllati” dalla società specializzata siano una percentuale irrisoria. Non abbiamo dati concreti, anche se vorremmo azzardare che, se è vero che la società specializzata “controlla” una percentuale irrisoria dei cuccioli di pastore tedesco iscritti al libro delle origini ENCI, è anche vero chemolti degli allevatori che sono soci ed operano attivamente nella società specializzata hanno un'influenza molto più alta di quanto potrebbe sembrare nella produzione dei cuccioli iscritti all'ENCI.
Intanto se si fa una media della produzione dei soli allevatori con affisso che gravitano nel mondo SAS ottieniamo una cifra un po' diversa dai 1000 cuccioli “controllati” di cui spesso si parla (è plausibile una media di 30 cuccioli annui?gli allevatori “SAS” sono, stimati per difetto, più di 150). Poi ci sono i privati che decidono di far accoppiare il proprio soggetto utilizzando lo stallone blasonato, per non dimenticare i “cagnari” che allevano sovente sui cosidetti “scarti di canile” degli allevatori rinomati (soggetti displasici, monorchidi, cuccioli con difetti dentari, ecc).
Analizzando il pedigree di uno di questi cuccioli nati “al di fuori del controllo societario”e percorrendo a ritroso gli antenati finiamo inevitabilmente con l'imbatterci in soggetti con affisso, spesso anche molto rinomati ed assolutamente “sotto il controllo SAS”.
Sfatiamo quindi la leggenda che la SAS (o meglio gli allevatori soci SAS che frequentano raduni e campionati organizzati dalla società specializzata) non abbia nulla a che vedere con il resto della produzione di cuccioli, perchè quei cuccioli sono, in percentuale molto più alta di quanto si ritenga di solito, conseguenza della “selezione” operata dagli allevatori “SAS”.
La produzione prettamente “cagnara” è anche fatta di cuccioli provenienti dall'est europeo e da cuccioli senza pedigree, quelli sì nati in un circuito che poco ha a che vedere con il lavoro degli allevatori SAS. Ma quei cuccioli non rientrano nelle statistiche ENCI.
Quindi sarebbe ora che gli allevatori di cani da esposizione ed anche la società di razza si assumessero la paternità e responsabilità della produzione solo formalmente “fuori controllo”.
Del resto dovrebbe essere la società di razza a far crescere l'opinione pubblica e ad insegnare, con l'esempio dei propri iscritti e con l'informazione attraverso la stampa ed internet, come debba essere un pastore tedesco e con quali criteri lo si debba, nel caso, allevare.
Un compito questo che la SAS non si è mai assunta, finendo con il diventare una casta di eletti, poco propensi a dividere il loro sapere con il volgo dei neofiti. Alla base di questa mancanza di assunzione di responsabilità e di abdicazione rispetto al dettato statutario, c'è anche il fatto che la SAS è composta sì da appassionati, ma soprattutto da agonisti dei due settori e da allevatori.
Le derive agonistiche hanno allontanato sempre di più la SAS dai suoi compiti statutari e la lobby degli allevatori che, nelle sue diverse correnti politiche, ha da sempre mantenuto il potere politico, ha fatto sì che venisse mantenuto una sorta di “predominio della casta”. Più il neofita, potenziale acquirente, rimaneva nell'ignoranza, più era facile mantenerne il controllo. Oggi,in questo come in tutti gli altri settori, i tempi sono cambiati e la “modernità” consente di reperire facilmente una miriade di informazioni. Un tempo, quando un viaggio in Germania era una vera e propria avventura, gli allevatori erano davvero i brahmani del pastore tedesco a cui i poveri paria neofiti non osavano neppure accostarsi ( e, quando vi si accostavano,la maggior parte dei brahamani rifilava loro delle sòle inenarrabili...crf Cinofollia e le vendite al giovane aspirante allevatore De Cillis da parte di Zuliani)
Tuttavia, non sempre la reperibilità delle informazioni è indice di reale conoscenza, specie se la divisione in caste non viene abolita per porre al centro gli interessi dalla razza, bensì per concedere ai paria di entrare (nei modi e tempi permessi dai moderni brahmani) nell'olimpo degli espositori.
E così gli allevatori e gli espositori si sono dimostrati sempre più refrattari all'imposizione di regole che limitassero o danneggiassero l'aspetto economico e/o agonistico dell'allevamento. I risultati e il mercato hanno finito con il contare di più del rispetto per la razza. E le varie dirigenze, vuoi per mantenere il consenso, vuoi per interessi personali, non hanno fatto nulla per contrastare questo andazzo.
Non è un malcostume italiano, visto che la Germania, dove gli interessi economici con l'ingerenza dei mercati mediorientali, sudamericani e dell'est europeo sono divenuti altissimi, ha fatto di peggio, con l'aggravante che, ponendosi la Germania come modello per tutte le altre nazioni, le innumerevoli deroghe allo standard sono divenute quasi una norma (un esempio per tutti la situazione del problema taglia nel pastore tedesco da esposizione).
In questo quadro la tutela della salute e del carattere del nostro pastore tedesco sono finite in secondo piano e nelle case private i pastori tedeschi con problemi caratteriali o displasici invece che diminuire (come la logica dell'aumento esponenziale dei soci SAS e delle conoscenze cinofile avrebbe fatto supporre) sono aumentati.
Forse si vedono, nei nostri parchi, dei pastori tedeschi mediamente più “belli” rispetto al passato. Ma è un po' poco, specie se questo aumento di gradevolezza estetica si accompagna ad una diminuzione della rusticità, della salute, della tempra.
Per giustificare gli insuccessi , in termini di lavoro selettivo, i nostri allevatori si raccontano la favoletta del mondo moderno che necessita di cani da compagnia, docili ed equilibrati.
In rete c'è un illuminante articolo del neo responsabile marketing ed immagine SAS che afferma e non sembra ironicamente che il problema taglia va risolto perchè la richiesta del mercato in prevalenza cittadino favorisce le razze di taglia media . Un articolo che fa il paio con quello, da noi già commentato, di Santi Grasso.
Di standard oggi nessuno sembra voler parlare.
Si fotografa la realtà, si prende atto degli insuccessi della selezione e, invece che interrogarsi sulle cause e porvi rimedio, si ipotizzano nuove regole meno restrittive. Del resto, si dice, non è già un dato reale la suddivisione tra pastore tedesco da lavoro e pastore tedesco da esposizione? Così, per il cane da esposizione, che ormai ha perso le caratteristiche caratteriali originarie, vengono proposte prove più semplici, piuttosto che chiedersi perchè l'attuale pastore tedesco da esposizione non sia più in grado di superare con la minima qualifica richiesta una prova seria di IPO.
Così, alla favola del cane che deve adattarsi alla società moderna, si uniscono le preoccupazioni per le nuove norme in materia di benessere animale e si condisce il tutto con considerazioni cinotecniche sull'importanza di valutare caratterialmente i cani senza che questi siano condizionati dagli artifici dell'addestramento.
Si cavalcano le istanze “animaliste” e, invece di difendere strenuamente il ruolo dell'addestramento, si preferisce relegarlo in una sfera a sé, regno esclusivo degli addetti ai lavori, ormai anche loro dimentichi dello standard in nome dell'agonismo o del dio denaro (perchè, per ogni brevettino facile o peggio a tavolino, esistono dei giudici di lavoro disposti a vendere il pastore tedesco). E ovviamente, tanto per rendere chiaro che le istanze animaliste sono un mero pretesto, sul mondo agonistico delle prove UD non viene effettuato alcun genere di controllo serio riguardante il rispetto del benessere animale.
Si sottolinea come in Italia manchino strutture paragonabili a quelle tedesche che consentano ad un appassionato di dedicarsi all'addestramento del proprio soggetto. Si evidenzia che l'allevatore con più cani sia giocoforza costretto a rivolgersi a professionisti del settore, non avendo il tempo per curare l'addestramento dei propri cani. Eppure, chi ha visto in quali condizioni logistiche e in quali orari alcuni espositori riescano comunque ad allenare i propri cani per il ring, si chiede se il problema, più che di strutture, non sia di mentalità. Spesso i cani degli espositori, che magari a tre mesi sanno già stare in posa, non sanno neppure giocare con una pallina.
Quanto alla polemica sulla reale validità delle prove di lavoro, sinceramente ci appare molto sospetta. Intanto perchè le prove UD, anche nella forma da noi spesso sostenuta per l'accesso alla selezione del più semplice IPOV, presentano comunque 3 prove diverse che, per la loro natura e per il fatto di svolgersi nella stessa gara, meglio evidenziano le doti richieste ad un pastore tedesco. E poi perchè chiunque abbia avuto un pastore tedesco normale, sa che la preparazione per il brevetto, se impostata sin da cucciolo, non è un'impresa titanica, anche con poca esperienza.
Sul notiziario online Piero Alquati ha pubblicato un bell'articolo di Tommaso Bosi, che era un noto allevatore e studioso del boxer, che, tra le altre cose, sottolinea l'importanza dei test caratteriali per i cani giovani. Purtroppo Alquati non cita la bibliografia, quindi non sappiamo da quale testo abbia tratto l'articolo.
Tommaso Bosi ci ha lasciato una bella descrizione del carattere del suo amato boxer:“Lo Standard dice che il carattere, nel Boxer, è della massima importanza. Il Boxer deve essere cordiale, sereno e direi, se mi consentite la personale interpretazione, che deve esprimere gioia di vivere fino ad essere invadente: deve essere un raggio di sole, almeno in famiglia e con gli amici, ma al tempo stesso, attaccante nato, impavido e deciso nell'affrontare, con la coscienza del dominatore, qualunque emergenza. I due momenti non devono tuttavia svilupparsi uno a danno dell'altro e devono escludere reciproci condizionamenti.” Vi invitiamo a leggere tutto l'articolo pubblicato dal Boxer Club Bologna , dove Bosi esprime la sua grande soddisfazione per la costante progressiva affermazione del boxer come cane da difesa e utilità, non solo, ma anche come cane da gara e definisce l'addestramento “un impegno con la razza che va rispettato non solo per i benefici e le soddisfazioni che ampiamente elargisce, ma anche per sanzionare quotidianamente gli sforzi compiuti nel passato, in tutto il mondo, per l'affermazione del boxer come cane di utilità. “
Che lo stesso Alquati sostenga da tempo l'importanza di effettuare verifiche caratteriali tra i 4 e i 7 mesi di età del cane invece che “gare” è cosa nota. Non sappiamo esattamente quale sia la sua idea di test. La proposta formulata in questo articolo (leggete con attenzione, da pag. 4 l 'Elenco dei principali impulsi e relativo criterio per la valutazione.) sembrerebbe prevedere la verifica di tutti gli impulsi caratteriali (compresi la tempra, la resistenza, la mordacità)
Certo l'allestimento di prove in grado di testare tutte le caratteristiche elencate potrebbe anche essere interessante (ammesso che sia fattibile). Tuttavia le prove UD, a prescindere dal loro essere gara che è una deriva anche pericolosa, hanno il valore di test caratteriale. Rileggetevi l'elenco degli impulsi stilato da Alquati e diteci se non sono tutti verificabili in una prova IPO.
Secondo Alquati, a differenza di quanto avviene nella prova IPO, il test in giovane età consente di analizzare gli " impulsi non ancora inquinati dai plagi dell’addestramento."
Siamo un pochino scettici sulla reale “neutralità” del test caratteriale a 4-7 mesi. Forse un cane dell'età indicata potrebbe non aver ancora ricevuto rudimenti di addestramento vero e proprio, ma sicuramente un'educazione sì. Inoltre: a) l'influenza dell'ambiente, tra i 4 e i 7 mesi è comunque determinante. Un cane vissuto in canile potrebbe, nel test, mostrare un atteggiamento diverso rispetto ad un soggetto che vive in famiglia, sottoposto a mille sollecitazioni e stimoli, oppure rispetto ad un soggetto male educato dal proprietario. b) si vedono spesso soggetti (e le moderne linee di sangue ne sono un esempio concreto)che sino ai 6 mesi non manifestano problematiche che invece emergono, talvolta per una banale causa scatenante, proprio intorno ai 7-8 mesi o persino oltre.
Citiamo quanto afferma in un suo articolo Pezzano Pietrogino: a quell’età, (parla di babies e juniores n.d.r.) il carattere (predisposizione genetica + influenza ambientale), non è ancora del tutto formato.
Anche l'interessante programma di Raiser prevede due “test attitudinali”, uno da effettuarsi non appena il cane abbia cambiato i denti, intorno ai 5 mesi e l'altro in un'età compresa tra i 7 e i 12 mesi. Si tratta di test che servono a valutare le attitudini di cuccioloni ma soprattutto ad insegnare al proprietario il modo corretto di interagire ed impostare il lavoro con il proprio cane e che servono per creare una sorta di banca dati che consenta agli allevatori di farsi un'idea delle caratteristiche trasmesse dai riproduttori. Questi test sono solo indicativi e non determinano la possibilità, per il cane, di proseguire il programma di allevamento. Programma che prevede tutta un'altra serie di tappe costituite da prove attitudinali (Talentsichtung, IPO 1,2,3, Korung 1,2,3). Il superamento delle prove sarà la condizione per poter avere l'accesso alla riproduzione (un accesso limitato e regolamentato dall'analisi della progenie, ne riparleremo in un'altro articolo)
Test caratteriali ed altre prove come il BH, possono avere un carattere propedeutico. Nello stesso articolo sul Notiziario online SAS si cita Otto Henze che, tra le altre cose, afferma che i Tests “dovranno finire per essere, nel prossimo futuro, la premessa e la base per le prove di lavoro. “
I test attitudinali possono, citando parole dello stesso Alquati “raccogliere una più vasta informazione dei comportamenti della popolazione canina da selezionare evitando di confondere le doti spontanee, le uniche ereditabili, con l’efficacia ed i plagi avvenuti con l’addestramento". Alquati però considera i test validi sostituti dei brevetti, quei brevetti che costituiscono l'asse portante dell'addestramento e della selezione dei cani da utilità e difesa e la cui stesura “venne stilata circa ottant’anni fa, quando si viveva ancora di ideologie ottocentesche che accettavano un rapporto diverso con il cane. Il suo stesso inserimento nel contesto civile era legato a precisi impieghi piuttosto che ad un’elevata diffusione popolare di tipo puramente affettivo.
Noi riteniamo invece che i test possano essere, come nel programma di Raiser, molto importanti come base, soprattutto per il loro valore informativo. In questo concordiamo assolutamente con l'Alquati che ha da sempre considerato fondamentale per gli scopi selettivi l'avere a disposizione il maggior numero possibile di informazioni sui singoli soggetti e le loro linee di sangue (ricordiamo che Alquati scriveva di progeny test ormai quasi vent'anni fa)
Il problema fondamentale è che discutere di test attitudinali, di prove di lavoro e di informazioni appare, nell'attuale panorama del pastore tedesco, un inutile pleonasmo.
Purtroppo il mondo del pastore tedesco non vuole comprendere che le valutazioni caratteriali devono essere prima di tutto prove zootecniche e non agonistiche.
La zootecnia tende, tramite varie prove, a verificare determinate corrispondenze allo standard, mentre la pseudo/selezione agonistica tende ad ottenere risultati ai fini agonistici affatto comprovati zootecnicamente, tanto che oggi ci si trova a stravolgere sia la morfologia che la selezione caratteriale, in entrambi i settori.
Giriamola come ci pare, ma fino a quando non rimetteremo sul tavolo lo standard, tutto e il contrario di tutto si potrà dire vantando dei risultati senza nessun valore zootecnico.
Oggi le cose si sono complicate proprio perché la regola è sempre più piegata o alla ragione particolare, o, peggio, a direttive di partito.
Che , ad esempio, non si possa parlare di possibili problemi di un cane, solo per questioni economiche, ci sembra aberrante.
La selezione, o la ricerca di essa, non si possono piegare alla logica affaristica o peggio politica. Se si parla di selezione, anche la questione affaristica del costo, in denaro e tempo, quale qualificante motivo, deve obtorto collo decadere e a maggior ragione deve decadere il considerare la prova di selezione e le prove caratteriali in genere come un ostacolo da superare, con qualunque mezzo, per consentire la carriera sportiva dei nostri soggetti
Il problema non è tanto, o meglio non è solo, modificare in un senso o nell'altro le prove, ma cambiare la mentalità degli espositori e degli agonisti di entrambi i settori.
Per cambiarla serve un'indicazione forte della società di razza.
E non servono gattopardismi o peggio modifiche dei livelli di atrazina.
Lo standard come punto di riferimento, una grande trasparenza delle informazioni, l'abbandono di ogni difesa corporativistica o di logica di mercato in favore della tutela della razza. Basterebbe questo. Glasnost e Perestrojka.
Regole certe, valide per tutti ed applicate allo stesso modo e il massimo delle informazioni possibili sui cani.
Se persino un'innovazione semplice e a costo zero com'è stata quella di inserire 5 giorni prima della prova i nomi dei cani iscritti alla prova di brevetto, sembra aver prodotto nel giro di due settimane, una diminuzione di brevetti “facili”, non deve essere poi così difficile trovare soluzioni che obblighino al rispetto dello standard e della tutela del pastore tedesco come dovrebbe essere.
Basta volerlo.
Ps: ma qualcuno vuole davvero Glasnost e Perestojka? In SAS non si intravede nessun possibile Michail Gorbaciov. Gli ultimi due presidenti SAS ricordano più, rispettivamente, Eltsin e Putin.
E chi chiedeva o praticava la Glasnost con Putin non ha avuto molto successo. Anna Politkovskaja docet.
Daniela Dondero e Leandro Falaschetti, 4 marzo 2010