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Questo, dopo tanti articoli "politici", è invece un racconto di Giangreco che riporterà alla mente degli appassionati più vecchi tanti ricordi e farà conoscere ai più giovani un "come eravamo" che pensiamo li potrà interessare. La penna di Oronzo corre leggera e divertita ma tutto quanto è scritto in questo articolo è rigorosamente vero. Ciacole a filò, direbbero i veneti...storie cinofile di vita vissuta, di goliardia, di pelo (di Zamb e non solo), di linee di sangue, di passione per il pastore tedesco come quelle che spesso è capitato di sentire la sera tardi, terminata la cena sociale (quando in SAS c'erano solo maschietti, le donne si contavano sulle dita di una mano e sopportavano con un sorriso compassionevole e benevolo le battutine e le occhiate complici quando capitava loro di aiutare i cani durante la monta...;-)).
Da leggere tutto d'un fiato, vi troverete a sorridere sin dalle prime righe. Buona lettura.Daniela Dondero
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Correva l’anno 1992, era un gennaio di quelli freddi e piovosi come pochi e la sala dell’istituto di credito in cui lavoro era gremita come non mai e fumante. Io mi dimenavo fra cambiali, assegni, piccoli prestiti e pile di contanti. Ero il “ piccolo” della filiale per il resto popolata da allegri marpioni che trascorrevano buona parte delle giornate coltivando il loro hobby preferito: riempirmi la scrivania di lavoro.
Alle nove del mattino arrivò la telefonata del mio amico Pino Bernardi (allevamento della Torre dei Vescovi) il quale mi chiese la disponibilità ad accompagnarlo in Germania per una monta con il sieger Zamb v.d. Wienerau. Ah, finalmente uno squarcio d’azzurro in una inequivocabile giornata di merda. Rispondo di sì senza pensarci e riattacco felice. Ripresomi dall’estasi che mi provocava l’idea di toccare con mano il cane dei miei sogni, realizzai l’incubo in lontananza: dovevo chiedere tre giorni di permesso. Per rendere l’idea, per un bancario di quegli anni, chiedere ferie a gennaio era un po’ come per un bagnino di Riccione assentarsi nel mese di agosto. Mi feci coraggio, respirai profondamente e, come quei bambini che temono il rifiuto da mamma, vomitai la richiesta al direttore. L’aria si fermò, tutti smisero di respirare e di muoversi e i colleghi attesero la risposta col ghigno sicuro e felice di chi pensa:”adesso il direttore lo ammazza”. Il titolare mi guardò, aveva 60 anni ed era un vecchio collega di mio padre, mi aveva visto crescere ma soprattutto mi vedeva ogni giorno sprofondare sotto immense pile di carte. Abbozzò un tiepido sorriso e disse :”sì”. Gli diedi le spalle felice e mostrai a tutti, fieramente, il dito medio. ”Sì ma, al ritorno, ti fai l’inventario degli effetti” tuonò . Io annuii, ma la richiesta aveva lo stesso salutare effetto di un intera scatola di supposte. 5000 effetti cambiari da trascrivere a mano, uno per uno. I colleghi mi guardarono tronfi e con fare vendicativo mi mostrarono contemporaneamente e tutti insieme il dito medio, ma io ero già con la testa a Vierhneim. Arrivò la sera e partimmo, io, Pino e Toni Inglese, noto veterinario e socio SAS con la patente fresca di tre giorni. Il Bernardi alla guida apparve sicuro ma, giunti al casello autostradale (30 km da casa), chiese una momentanea sostituzione perchè “voleva chiudere gli occhi qualche istante e distendere le membra un pochettino”; li avrebbe riaperti giusto in tempo per leggere in lontananza il cartello "Karlsruhe". Guidammo senza requie, folli e inebriati al pensiero di Zamb e dei Wienerau e, alla fine , lasciammo esanimi sul terreno: otto caffè, dodici cornetti, quattro tranci di pizza da spizzico, due latte macchiati, un panzerotto fritto, due stecche di cioccolata bianca e un pacco famiglia di patatine.
Arrivammo alle otto del mattino, carichi di sogni, di aspettative, con gli occhi appesi alle orecchie e con livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue che erano un preludio al coma epatico. Ci attendeva al Continental un uomo bassino, decisamente poco teutonico, fra il portoghese e il messicano, al volante di un grosso Mercedes popolato da leopardi che facevano da guardia ai santini su cui campeggiava la scritta “Gesù proteggimi”. Era italiano, calabrese e dedussi fosse il nostro interprete. Possiedo da diversi decenni un piccolo chalet sulle montagne della Sila e considero la Calabria la mia terra d’adozione; ho parlato con capi tribù di Sant’Eufemia, San Giovanni in Fiore e Vibo Valentia ma confesso che non avevo mai ascoltato un idioma truce e incomprensibile come quello di Domenico Mantello. Telefonai subito ad un mio amico di San Giovanni, non si sa mai avessi avuto bisogno di un traduttore per l’interprete.
Finalmente arrivammo. Era bellissimo. Un quadrato di terra grande quanto basta, con una piccola staccionata che si saltava a pie’ pari, a lato campeggiava l’immagine di un pastore tedesco con scritto “Zwinger von der Wienerau”.
Scesi dall’auto e avvertii un intenso profumo di fiori.. pensai:”Oddio, Walter come Padre Pio”. Domenico ululò qualcosa e ci si parò davanti la più bella immagine vista in un quarto di secolo di cinofilia. Quindici splendidi animali ci corsero incontro. Erano grandi , robusti, marcatamente allungati, con teste forti, fiere, espressive, avevano arti che sembravano tronchi d’ulivo e garretti grossi quanto pali della segnaletica stradale. Avevano il pelo lucido e forte ed erano rossi come un tramonto dei mari del Sud ma, soprattutto, erano tutti, terribilmente,incredibilmente……inequivocabilmente UGUALIIIIIIIIIIIIIIIII. Zamb,Vanta, Jello , Joschi, Xandra, tutti insieme appassionatamente. Lì sul prato l’intera Bibbia del pastore tedesco che, a raccontarlo ora, mi vengono i brividi.
Walter ci accolse allegro e capimmo subito che con lui c’era feeling. Gli mostrammo sulla cartina il posto da dove venivamo e l’unica esclamazione che trovò fu un “mon dieu”. Carico d’angoscia paterna, ci offrì un pessimo caffè e un pezzo di panettone riveniente da una monta italiana, fu prodigo di consigli e di sorrisi ben conscio del fatto che noi lo guardavamo come un calciatore della primavera contempla Maradona.
Capimmo in un sol colpo cosa fosse un allevatore, un Sieger e ,soprattutto, un gruppo d’allevamento. Davanti a noi “il” vecchio e fascinoso allevatore, un cane superbo e quindici indistinguibili fotocopie.
Arrivammo al dunque e ci chiese di scendere la cagna. Avevamo un ottimo soggetto, Speranza SAS e sorella di un Auslese SAS, Heidi della Valle d’Itria, figlia del grande Uran Wildsteiger Land ma confesso che fui colto da un moto di terrore. Mentre oggi scendiamo trionfanti le nostre fattrici e abbiamo fretta di mostrarle allo stallone ….che spesso ci delude, quel giorno eravamo impietriti. Non solo Walter possedeva quel cane, ma ne aveva altri, tanti altri e nemmeno il peggiore era lontanamente assimilabile a quello nostro. Era come cantare la Traviata sulla spiaggia avendo Pavarotti come vicino d’ombrellone.
Tirammo giù la cagna e lui esclamò:”molto bella”. Cazzo, quanto ho amato quell’uomo in quel momento.
”Hallo boys!” una voce allegra ci venne alle spalle. Era Renée. Ci piacque subito, una bella donna, questa sì teutonica, bionda, formosa e atletica o almeno così dovette sembrare ai miei inquieti 32 anni. E' lei che si occupava del sollazzo del Sieger e, insieme, facevano una coppia irresistibile.
Mise Zamb a guinzaglio e al primo salto ci andò buca ed anzi il Sieger subì un piccolo trauma al gioiello di famiglia (e che gioiello). Renée, senza il minimo imbarazzo, cominciò a massaggiarlo e, dalla tecnica utilizzata e dalla naturalità dei movimenti, capii che quella donna per quella attività ci doveva essere proprio portata. Intanto Domenico smadonnava e dai grugniti intuii che quella donna gli piaceva. Finita la monta, ci recammo tutti in una casetta in legno e definimmo il tasso da pagare, non prima che gli chiedessimo tutto quel che si potesse chiedere su cani, tecniche di allevamento, alimentazione, stalloni e situazione economica della Germania, di cui francamente non ce ne poteva frega’ de meno, ma parlare con lui, seppur tramite un amabilissimo troglodita, ci dava un piacere quasi paragonabile al guardare Renée che sorridente ci preparava l’ennesimo caffè.
Pagammo il tasso di monta stabilito, molto meno di quello praticato, Toni strappò un piccolo ciuffo di peli a Zamb che conserva ancora a mo’ di reliquia. Walter ci salutò affettuosamente con una carezza, non risparmiandosi l’ultimo consiglio. Traduco dal calabrese: “con le donne, copertura e via, ok, ok”.
La Renée ci baciò tutti, in fondo eravamo tre bei ragazzi italiani. Felici guadagnammo l’autostrada ognuno fantasticando sui prodotti ipotetici di quella monta e sul sottoscritto si pararono all’orizzonte le nubi nere di un' intera scatola di supposte. Per la cronaca, la cagna restò vuota, ma non c’è prezzo che si sarebbe potuto pagare per conoscere in un sol colpo “un gran cane”, “ il più grande allevamento “ e Walter ,ossia “il mito e la leggenda”……oltreche’ un bel pezzo di gnocca.
Zamb von der Wienerau è stato un gran cane e su di lui poggia l’intero allevamento mondiale.
Grande, robusto, con intensa espressione e mascolinità era, come del resto tutti i Wienerau, marcatamente allungato e dotato di un angolatura dell’anteriore molto vicina all’ideale. Dotato di colori intensi e accattivanti, presentava linee superiori ed inferiori come prescrive lo standard ed una groppa estremamente corta e sfuggente.
Nasceva da un accoppiamento compensativo fra la splendida Auslese Ica von der Wienerau dalla quale ereditò la costruzione allungata e l’impostazione generale e l’ indimenticato Odin von der Tannenmeise , soggetto più compresso ma dal tipo e la mascolinità ineguagliabili .
Da una parte la moderna e rivoluzionaria genealogia di Odin che apriva la strada a garresi alti e costruzioni compresse e dall’altra quella antica e purtroppo “superata” della splendida Ica decisamente più ortodossa. A mio parere e per quel che questo pensiero può valere è da leggere in questa antitesi la “strana” riproduzione di Zamb, che ha premiato poco gli allevatori che l’hanno usato e tanto il suo allevatore. Toni, Esko, Vimo, Vara ,Oscha, Nathalie e “la divina” Vanta von der Wienerau sono alcuni dei suoi figli migliori, ottenuti da miscele che, seppur imitate in tutto il mondo, non hanno dato gli stessi risultati (un po’ come la Coca Cola), sempreche’ le miscele utilizzate siano quelle indicate nella carta degli ingredienti. Su questo si innesta il lato oscuro di Walter. Guascone, raffinato, sciupafemmine, comunque un gran figlio di buona donna. Tante le leggende metropolitane che circolano su di lui, sui suoi cani, sugli incroci nel suo allevamento; su tutte quella della presunta displasia di Zamb. A poco valgono le lance spezzate in suo favore da chi sostiene che, se il cane fosse stato displasico, non avrebbe potuto sostenere i km di ring necessari a diventare piu’ volte Sieger e Auslese. Ci sono le testimonianze di coloro i quali ne sono stati proprietari e di quelli che lo hanno radiografato oltre al fatto che il cane, prima di ritornare nella disponibilità del suo allevatore, abbia fatto “la messa pezzente” fra vari allevatori, alcuni dei quali miei conoscenti. Insomma, ci fu un periodo in cui tutti volevano sbarazzarsi di questo cane. Oltretutto la sua riproduzione in prima e ,soprattutto, in seconda generazione portava i segni nefasti di questa tara, anche se ciò non può assurgere di per sè a strumento di prova. Ma a Walter, potrei perdonare anche questo e Dio solo sa quanto sono poco incline al perdono su questo genere di argomenti. Ha allevato senza regole in un mondo che in seguito le avrebbe perdute del tutto, ma quello che abbiamo visto in quell’attimo al nostro arrivo nel suo allevamento è qualcosa di unico, magico e indescrivibile che ha condizionato per sempre la nostra vita di allevatori e il nostro modo di concepire il pastore tedesco.
Perché se oggi c’è un modello di cane a cui ci aspiriamo è sicuramente un Wienerau e, quando pensiamo ad un allevatore, la mente ci porta immediatamente a quel grande guascone, impenitente sciupafemmine e gran filibustiere dall’impermeabile bianco che rispondeva al nome di Walter Martin.
Che la vita ci sorrida
Oronzo Giangreco, 9 agosto 2012
Nota della Redazione. Abbiamo cercato ovunque una foto di Walter con l'impermeabile bianco quella che, a detta di Oronzo, "si trova sicuro"...dopo infruttuose ricerche abbiamo scelto questa, dove Walter dimostra tutta la sua eleganza ed è insieme al fratello Hermann, altra icona del mondo del pastore tedesco