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“Signore, chi è il più grande?” E' questo il quesito insistente che ponevano gli apostoli al nostro crocifisso redentore. Noi esseri umani siamo abituati da sempre a catalogare tutto e tutti e siamo soliti fare classifiche, stilare graduatorie, nell’estenuante e vano tentativo di stabilire il gol più bello , il calciatore più grande, il pugile più forte, l’artista più estroso, insomma chi è, in ogni tempo, in ogni campo dello scibile umano, in ogni azione vitale, “semplicemente il più”.
Così, fra una monta e l’altra, una cucciolata, un raduno, mi sorprendo spesso a pensare chi, in realtà, tra i grandi pastori tedeschi della storia, possa essere considerato il più grande. Sui social networks , infuocano guerre e battaglie, si propongono miti, si sparano stelle nel firmamento di razza . Quella di stilare una classifica, in realtà, può apparire un' operazione sterile e di scarsa utilità ma, per i giovani di oggi, impantanati nelle derive di una razza il cui standard è purtroppo immolato al commercio di esportazione, alcune riflessioni possono servire a mantenere il giusto contatto con la realtà. Chi infatti si è avvicinato alla razza negli ultimi 10 anni e considera i soggetti di punta, sia italiani che tedeschi, icone o prototipi di riferimento potrebbe facilmente essere fuorviato nella ricerca della verità. Gli angoli del posteriore, sospinti dall’utilizzo senza parsimonia di alcuni soggetti, hanno subito pesanti esasperazioni e, più che la Germania, sembrerebbe l’Australia la patria del nostro cane da pastore. Anzi, con una selezione più attenta ed efficace riusciremo a trasformarlo in un simpatico e grottesco marsupiale.
E le società specializzate? Non esistono più. C’è un unico “CIRCO INTERNAZIONALE” che si sposta con il variare della fertilità dei mercati, ora in Asia ora in Messico, ora in Arabia ora in America latina; una banda di individui attempati che sposta ingenti somme di denaro creando i presupposti per grosse frange di evasione fiscale.
Oltretutto il nostro cane ha perso il fascino dell’impronta, quella straordinaria e intensa espressività che lo ha caratterizzato negli ultimi 30 anni e che ha visto l’apice dell’evoluzione nei favolosi anni 70/80/90 ove il talento ha camminato sulle gambe di alcuni dei grandi protagonisti della storia di razza.
Così ricordiamo Quanto Wienerau, la cui testa sventola ancora sulle bandiere di tutto il mondo, Uran vom Wildsteiger Land e il fratellastro bad boy Quando von Arminius, con tutta la sacra famiglia. La limpida ortodossia del grande Fedor così come la straordinaria classe del figlio Mark von Haus Beck. Come dimenticare poi la granitica solidità e imponenza di Fanto von Hirschel forse il più bel soggetto della storia di razza . E ancora la massiccia e “indolente” piacevolezza di tipo del grande Odin Tannemeise e l’immenso fascino dei suoi due figli innovatori, Jeck von Noricum e Zamb von der Wienerau. Odin è stato, senza ombra di dubbio, il soggetto più impressionante che io abbia mai conosciuto. Poi i due panzer Cello von der Romerau e il figlio Eros Luisenstrasse la cui solida tonicità e le buone propensioni caratteriali son servite a tener su tutta la baracca. Da una parte questi e tanti altri protagonisti della nostra storia, uniti gli uni con gli altri da una stirpe comune, dall’altra l’eroe solitario Gundo vonTrienzbachtal che tentò disperatamente di contrastare la tracotante egemonia di questa unica grande famiglia imponendo un gusto diverso che, ahimè, non ottenne il seguito sperato.
Allora, signore: “chi è il più grande?”.
E’ chiaro che una domanda genera una risposta che ha in sé i canoni della soggettività , che è personale e , come tale, risente del gusto , delle conoscenze e delle capacità di analisi dell’individuo che risponde, per cui prendetela con le dovute cautele e consideratela come un mero…..”esercizio letterario”.
Nel gennaio del 1981 nasceva in Baviera, in una “nidiata” di 8 cuccioli il grande Uran von Wildsteiger Land, al momento il più famoso riproduttore di tutti i tempi. Sei figlie femmine auslese (la Siegerin Ronda Haus Beck, Orna Steinhagerquelle, Palme Bad Boll, Uta von Batu, Tilka Haus Beck e l' "italiana" Ulme Haus Dexel che diede il nome all'allevamento del suo proprietario, Daniele Francioni) e due maschi (il Sieger Eiko Kirschental e Yambo Wildsteiger Land), una prodigiosa capacità riproduttiva capace di riempiere gli stadi con i suoi gruppi di riproduzione presentati dal 1985 al 1992,ma, soprattutto, una proposta fenotipica fortemente innovativa, capace di influenzare i gusti degli allevatori a tal punto da non far “intravedere” altre possibili alternative. Uran fu il frutto del genio creativo di un modesto boscaiolo, Martin Göbel, anche se sono in molti a credere che l’utilizzo di quella che viene ad oggi considerata la piu grande fattrice di tutti i tempi, Palme von Wildsteiger Land, sia stato suggerito dal grande maestro Hermann Martin.
Palme non era , per così dire, “una gran pezzo di figa”, così come non erano certamente stelle cinematografiche gli stalloni con i quali ha costruito la storia della razza ma, come spesso avviene nei matrimoni fra “squattrinati”, l’incontro fu fatale e il miscuglio genetico al quale diede origine nelle unioni con Irk e Xaver Arminius fu positivamente devastante. In seguito fu coperta da giovani di ben altro lignaggio ma fu con questi due astuti “sciupa femmine” che diede a noi il meglio di se’. Palme era una “coscia lunga”, alta sugli arti e non solo, assolutamente asciutta e tonica, con risicati diametri trasversi e con angolature posteriori caratterizzate da una tibia di eccezionale lunghezza per i tempi. Non era il massimo dell’espressività ma aveva una costruzione straordinariamente armonica e colori accattivanti ma soprattutto aveva in se’ il respiro della creazione, il quid fascinoso della fattrice, ossia la capacità di esserci senza invadenza, di obbedire al comando genetico del maschio senza sudditanza, il trasmettere, anche se poco, il meglio di se stessa, assorbendo senza parsimonia quel che di buono proponeva il partner. Così, dall’unione con due soggetti assolutamente normali , diversi tra loro ma accomunati da una taglia contenuta, nessuno dei due “auslese”, nacquero due autentici nazareni, Uran von Wildsteiger Land e Quando von Arminius , diversi fra loro almeno quanto complementari. Il primo, il classico “bravo ragazzo”, il figlio buono, vivace e diligente, dai tratti distinti, obbediente e riflessivo, ideale compagno di giochi, quel figlio che tutti vorrebbero avere. Il secondo,Quando, possente e fascinoso, il classico bad boy, criminale e mezzo pazzo, col fisico palestrato e con la “capo di morte “tatuata sulla coscia, scontroso e irascibile e poco propenso ai rapporti “sociali”. Nacque, qualcuno dice nel Bronx, primo di una famiglia indigente e talentuosa, con fratelli Quino ,Quindo e sorelle Quina ,Quena che diedero i natali ad altrettanti protagonisti della razza e che ben presto, come lui, furono assegnati ai “servizi sociali”. Incredibile come nella stessa famiglia a volte possano nascere dalla stessa madre figli tanto diversi. Allora perché Uran? Perché proprio lui? Perché, a differenza dei tanti che furono” i più in qualcosa”, lui non lo fu in niente, ma in tutto un poco.
Uran fu un cane grande , ma il giusto, dalla normale impronta maschia, che fu poi il suo tallone d’Achille, e dalla costituzione asciutta e tonica. Aveva degli ottimi angoli che gli garantivano una spinta poderosa e un normale allungo con corretta presa di terreno. Buona era la linea inferiore, con lo sterno che avrebbe potuto essere un filino più lungo e con un torace che solo con la piena maturità acquistò la giusta profondità. Ma Uran era soprattutto solido, quasi legnoso e corretto, perfettamente corretto, un' autentica macchina da trotto, costruita per accerchiare il gregge, radunarlo, spingerlo e con nel cuore,nell’anima e nei muscoli l’energia per affrontare la dura giornata del cane da pastore. Una solidità granitica ed essenziale ben lontana dalla flaccida sinuosità dei soggetti di oggi. Aveva splendidi colori, con sfumature di rosso per l’epoca rivoluzionarie. Poi aveva “l’anima”, l’afflato supremo che ne faceva non un cane ma “il cane”: gioioso, vivace, amabile, disponibile, allegro, mai scontroso. Lo ricordo ancora, all’età di nove anni, tuffarsi nel fiumiciattolo ghiacciato che lambiva la sua proprietà, uscire, scrollarsi, raccogliere un pezzo di ramo con la bocca, venirmi incontro e dirmi: ”dai tiralo …che giochiamo”. Uran era l’amico di cui fidarsi, il compagno sicuro dei giochi dei nostri ragazzi, il fiero guardiano a cui affidarli e non il gangster che li difende con la faccia da duro: Uran è l’icona caratteriale e, per questo, patrimonio dell’umanità . Uran e’ il Terence Hill che stende a pugni il nemico sorridendo e non l’angelo sterminatore che lo ammazza. I suoi gruppi di riproduzione furono infinite file di processionaria, lunghe centinaia di metri, in epoche in cui il mondo non era globalizzato e 1000 km erano i 10000 di adesso. I suoi gruppi di riproduzione riempivano gli stadi, perché i suoi figli erano sani, sereni e longevi. Uran ha trasmesso un eccezionale esenzione da displasia, classe infinita, indiscussa longevità unita ad un amabilità caratteriale, caratteristiche riproduttive presenti anche in altri stalloni ma mai, fino ad allora, insieme contemporaneamente. Non e’ stato il più bello, molti suoi coetanei lo sono stati più di lui e, anzi, riguardando con nostalgia i filmati del tempo, appare insignificante, non marcatamente mascolino, superato. Ma poi mi fermo e rifletto. Si può paragonare Bolt a Mennea, Maradona a Pele’, Greta Garbo a Meryl Streep, Clark Gabor ad Alain Delon? Come confrontare il rude fascino di Humprey Bogart all’algida e quasi femminea bellezza di Di Caprio? Semplicemente non si può. Bolt darebbe 20 metri sui 200 a Mennea e il fascino della Garbo sarebbe irresistibile al massimo quanto quello della Cuccarini. Ma Uran no, lui e’ il “lievito madre”, l’elemento biotico con cui si fa il pane, la pasta, la pizza, i taralli e tutto il resto. Senza di lui non c’è sapore e tutti i tentativi operati in passato di proporre gusti diversi non hanno avuto successo presso gli allevatori. Uran è colonna portante , pietra miliare nella storia dell’allevamento. Senza di lui probabilmente il nostro cane sarebbe stato un'altra razza. E’ stato il mio sogno giovanile, il mio delirio, come quando febbricitante e in preda alle visioni continuai a chiamare il suo nome, per l’intera notte: ”Uran, Uran, Uran”. Mia madre mi guardò preoccupata, si fece il segno della croce e disse: “Chi sarà mai questa donna che gli ha strappato il cuore?”.
Oronzo Giangreco, 27 febbraio 2013
Foto tratte da:http://www.wildsteiger-land.de
Il video di Uran realizzato dalla Reivision:
Il video sulla riproduzione di Uran: